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Coronavirus, Ferragosto nero per gli hotel bolongesi

Celso De Scrilli presidente di Federalberghi di Confcommercio Ascom Bologna: «Occupazione delle camere molto bassa. Dal governo servono aiuti mirati»

Sono quasi scomparsi i rumori dei trolley trascinati sotto i portici verso l’albergo, esigui i gruppi di turisti attorno a guide che raccontano la bellezza della città e solo qualche famiglia è china sulla cartina del centro storico con lo sguardo fisso su mappe digitali alla ricerca della prossima destinazione.

Si presenta così Bologna, come molte città alle prese con la pandemia, nella settimana di Ferragosto: semivuota di turisti e molto più silenziosa. Secondo Bologna Welcome, la società privata di promozione di Bologna e del suo territorio, i dati delle strutture alberghiere per la settimana di Ferragosto danno una previsione di occupazione del 10,6% con un picco del 12% per la giornata del 15 agosto.

Molti gli alberghi ancora chiusi, e quelli aperti faticano a far tornare i conti. «Dai numeri in nostro possesso — dice Giovanni Trombetti, presidente di Bologna Welcome — abbiamo avuto circa venti strutture che sono rimaste chiuse a luglio e a queste se ne aggiungono altre ad agosto, cosa che non accadeva da anni. Da noi il turista restava mediamente 3 notti per visitare la città e l’Appennino».

Ma i viaggiatori tornano, seppure lentamente, grazie anche alle molte iniziative, e crescono gli italiani e gli europei di prossimità. «I turisti sono ancora troppo pochi e a loro bisognerebbe dare una medaglia — dice Celso De Scrilli presidente bolognese di Federalberghi — l’occupazione delle camere in questo agosto è ancora molto bassa. E solo a Bologna ci sono più di 130 strutture che offrono 12mila posti letto».

Numeri amari, così come fa un certo effetto vedere alberghi del centro storico con le porte serrate. Hotel Orologio via IV novembre, chiuso. Hotel Donatello via Indipendenza, chiuso. Al Cappello Rosso di via De’ Fusari, chiuso. Solo per citarne qualcuno. Qui il direttore Giuseppe Poggi ci racconta: «Abbiamo 33 camere, 12 dipendenti in cassa integrazione da marzo e proveremo a riaprire il 23 agosto».

Chi rimane aperto lo fa consapevole del grande sforzo, anche economico, che questa scelta comporta. Come l’hotel I Portici di via Indipendenza: «Abbiamo riaperto il 9 maggio — racconta il direttore Piero Pastore — cambiando, ovviamente, prezzi e politiche di cancellazione. Ci sono 100 camere e, ad oggi, circa 50 occupate, un buon numero, ma tutto cambia in fretta».

L’hotel Corona d’Oro di via Oberdan ha riaperto lo scorso 8 giugno seguendo tutte le regole in tema di sicurezza: «Abbiamo sanificato tutti gli ambienti — racconta Barbara Sedazzari, sales manager — inserito plexiglass e presidi igienici dappertutto. I soggiorni sono più brevi, i prezzi più contenuti».

«Stiamo ancora contando i turisti che mancano — continua Trombetti — ma sono certo che saranno molti. Altri numeri in Appennino dove quelli che scelgono il fresco, il verde ed i nostri percorsi non mancano e da duemila presenze siamo arrivati con soddisfazione alle seimila di quest’anno, in netto aumento».

Al futuro gli operatori guardano con speranza ma gli esperti non lasciano spazio a interpretazioni: per tornare ai flussi turistici pre-Covid occorre attendere il 2022/23. «Alcuni alberghi potrebbero anche non riaprire — dice De Scrilli — il settore ha bisogno di aiuti economici mirati, come i finanziamenti a fondo perduto. Il buono vacanze promosso dal governo — conclude — non è sufficiente». «La città aspetta i turisti anche a Ferragosto — conclude Trombetti — e le esperienze da fare, di certo, qui non mancano».

Tommaso Costa, 12 agosto 2020, Corriere di Bologna

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Annalisa Gotti

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