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Fimaa, modifiche al testo unico sull’edilizia

Introdotte dalla legge 120/2020 di conversione del D.L. cd. Semplificazioni

Il Decreto legge n. 76 del 16.7.2020 (cd. Semplificazioni), è stato convertito con la legge n. 120 dell’11 settembre 2020 (“Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”) che ha apportato alcune modifiche al T.U. sull’Edilizia (D.P.R. n. 380/2011).

Si segnalano in particolare:

  1. la possibilità di derogare la disciplina sulle distanze minime tra edifici e a quella sulle distanze dai confini nell’ipotesi in cui si debba effettuare un intervento edilizio che comporti la demolizione e ricostruzione degli edifici, purché la nuova costruzione avvenga nel rispetto delle distanze legittime preesistenti. Nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, sarà possibile un intervento di demolizione e ricostruzione che modifichi la sagoma dell’edificio e “con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito”, apportando “incentivi volumetrici” (art. 10, primo comma, lett. a) legge 120/20).

Si ricorda che la disciplina in tema di distanze tra edifici:

  •  trova applicazione esclusivamente per le costruzioni che si fronteggino, sia pure in minima parte, in quanto sono costruzioni che per la loro struttura possono dar luogo ad intercapedini nocive, ipotesi che il legislatore si prefigge di evitare (C. 5892/1995; C. 5149/1982);
  • la distanza tra gli edifici va calcolata dai punti di massima sporgenza dei due fabbricati (C. 10064/1996);
  • nell’ipotesi di edifici dotati di sporgenze, per stabilire se esse siano computabili nel calcolo delle distanze, occorre accertare se le sporgenze siano solo ornamentali (e, quindi,  inidonee a determinare intercapedini dannose o pericolose), o se invece incidono strutturalmente e funzionalmente sul volume e sulla superficie dell’immobile (così ad esempio i balconi, cfr. C. 10872/2016; C. 2228/2001; C. 8240/1997);
  • per “costruzione” che deve rispettare le distanze si intende ogni opera edilizia, stabilmente infissa al suolo (sì che si possa parlare di incorporazione o immobilizzazione dell’opera al suolo: ad esempio la Cassazione ha qualificato come costruzione i setti in cemento armato cfr. C. 859/2016);
  • costituisce nuova costruzione anche qualsiasi modifica della volumetria di un fabbricato, derivante sia dall’aumento della sagoma di ingombro, sia da qualsiasi sopraelevazione, ancorché di dimensioni ridotte (C. 21059/2009; C. 8954/2000; C. 6809/2000; C. 1474/1999), le sopraelevazioni rappresentano a tutti gli effetti delle nuove costruzioni (C. 5049/2018; C. 5246/1997), anche se di modesta entità (C. 15732/2018);
  • la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova costruzione soltanto se produce un aumento della superficie esterna e della volumetria dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura (C. 20786/2006).
  • La nuova legge, inoltre, introduce un ampliamento nella definizione di intervento edilizio qualificabile come “manutenzione straordinaria”, in particolare prevedendo che per esso debbano intendersi “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico(art. 10, primo comma, lett. b) legge 120/2020). Nel previgente Testo Unico Edilizio invece si prevedeva che gli interventi edilizi di manutenzione straordinaria non dovessero comportare “modifiche delle destinazioni d’uso”.

Per comprendere il concetto di mutamento di destinazione d’uso “urbanisticamente rilevante”, il riferimento è all’art. 23 ter del Testo Unico sull’Edilizia (per l’appunto rubricato “Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante”) a norma del quale: “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale”

In pratica gli interventi edilizi di manutenzione straordinaria oggi sono possibili anche se si modifica la destinazione d’uso dell’immobile, purché tale modifica non porti ad un cambio della categoria funzionale dell’immobile, ossia non costituisca una modifica di destinazione d’uso, appunto, “urbanisticamente rilevante”.

Da ultimo va segnalato che l’art. 10, primo comma, lett. b), della legge 120/2020 ha introdotto nel concetto di interventi di manutenzione straordinaria anche “quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.

Rientrano quindi nella tipologia di intervento di manutenzione straordinaria anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzate, necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non ne pregiudichino il decoro architettonico, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a vincolo storico, artistico e paesaggistico.

                                                                                              Avv. Daniele Mammani

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