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Centotredici anni di storia: chiude Pasquini

L’ ottica di via Indipendenza abbasserà le serrande il 24 ottobre: «Sono un po’ stanco e la burocrazia oggi affoga il commercio»

L’effetto vetrina convinse Geri Halliwell, la rossa ‘Ginger’ delle Spice Girls, a comprarsi un bel paio d’occhiali da sole dopo un’ovazione dei fan che erano accalcati lì fuori in via Indipendenza. Quel giorno, una ventina di anni fa, Luigi Pasquini non riusciva a rientrare nel suo negozio, per tanta gente che c’era.

«Da Bruce Springsteen alla Spice Girl, ne abbiamo ospitati così tanti», ricorda con un filo di nostalgia, pensando alle celebrità. Ma l’Ottica Pasquini c’entra poco con i lustrini e le paillettes: primo, perché è nata tra la gente, il nonno – fondatore dell’azienda – è stato a cavallo del Novecento il primo fotoreporter italiano e il primo fotoreporter del Resto del Carlino. Secondo, perché è una delle botteghe storiche più amate dai bolognesi, la concretezza luccica poco e rimane negli annali. Eppure Pasquini ora è costretto a chiudere, almeno nella storica boutique nel cuore di Bologna. Lui, prima di spiegare i motivi, ci tiene a rassicurare i clienti.

«Rimarrà aperto l’altro punto vendita di via Righi 32, dove trasferiremo il personale rimasto qui in via Indipendenza – spiega il titolare, 72 anni, l’azienda esiste dal 1907, l’ottica dagli anni ’30 –. Stiamo avvisando tutti i clienti via sms, le lenti a contatto e tutto il resto noi li trasferiremo di là. Poi non so dire per quanto, ma ci saremo ancora. Intanto qui chiuderemo il 24 ottobre». Il numero di telefono rimarrà lo stesso, gli archivi sopravvivranno. «Non lasciamo a casa nessuno e non lasciamo nessun cliente senza assistenza».

Poi ci sono le motivazioni. «La motivazione principale è che mio figlio, che ha 33 anni, non vuole più andare avanti. Io gli avrei lasciato le chiavi senza problemi, come fece mia madre con me nel 1966 – continua Pasquini –. Ma lui vuole fare altro, e quindi siamo in trattativa per l’ingresso al nostro posto di una gioielleria. I muri restano nostri. Poi c’è da dire che io alla mia età voglio godermi i nipoti e i risultati dei tanti sacrifici, è giusto riposarsi. Chiudere in via Indipendenza ci dà la possibilità di continuare al meglio in via Righi. Poi magari venderò anche di là, ma solo a una persona seria che mi dimostrerà di portare avanti bene questo lavoro».

Dalla lista delle motivazioni viene spuntato il Covid. Piuttosto, è la burocrazia che scoraggia i commercianti come Luigi. «Siamo stati chiusi come tutti, sul Covid le considerazioni sono ovvie – continua –. Piuttosto, fanno delle leggi per combattere l’evasione fiscale e continuano a rompere le scatole a chi paga le tasse, i commercianti onesti si sentono bersagliati. E poi la burocrazia: noi siamo collegati al ministero della Sanità, alla privacy, all’agenzia dell’entrate. In più, c’è tutto un groviglio di regole che davvero scoraggiano il commercio, per mettere una musica di sottofondo in negozio devo pagare tre enti diversi. E’ davvero diventato complesso gestire un’attività commerciale in centro, con tutti questi legacci».

C’è anche un’amara riflessione sul centro storico bolognese. «Anche il Comune matura scelte incomprensibili, come questo obbligo per le mascherine e il cambio degli orari per entrare e uscire dalla T, diversi da altre zone pedonali della città. Il centro poi è cambiato – aggiunge Pasquini –, c’è sempre meno gente. E io, che sono uno che si guarda intorno, vista la mia età e la soddisfazione di aver raggiunto i miei obiettivi direi che posso anche riposarmi. Mia moglie non è d’accordo – sorride l’ottico –, ma chiudo qui in via Indipendenza anche per godermi la meravigliosa famiglia che ho».

Paolo Rosato, il Resto del Carlino, 4 ottobre 2020

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Annalisa Gotti

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