L’ipotesi di chiuderli alle 23 era corsa (poi ridimensionata) per il prossimo Dpcm Ma i titolari non hanno dubbi: «Siamo i più attenti, assurdo colpire sempre noi»
Il governo pare scongiurare il rischio coprifuoco per i pubblici esercizi. Il timore era serpeggiato ieri nell’ambiente di bar, pub e ristoranti all’indomani delle indiscrezioni che avrebbero voluto compresa nel Decreto Ottobre anche la reintroduzione della chiusura anticipata di pubblici esercizi, a fronte della recente impennata dei contagi.
Nubi che sembrerebbero essersi diradate in serata, quando fonti autorevoli di governo hanno assicurato come Palazzo Chigi non sia ancora dell’idea d’introdurre un coprifuoco di fatto, con chiusura obbligata alle 23 per i locali pubblici. Un sospiro di sollievo quindi anche per i titolari felsinei, che in questa ipotesi vedevano una ghigliottina nei confronti di un settore già molto in sofferenza e che a Bologna proprio nell’ultimo mese aveva guardato con ottimismo a una lenta, ma incoraggiante ripresa.
«Ci auguriamo che la situazione possa mantenersi tale – così Giancarlo Tonelli, direttore di Ascom –. In questi mesi le nostre attività hanno già dovuto attraversare momenti difficilissimi e proprio adesso che si è giunti ai primi segnali di ripresa è giusto premiare chi le misure anti-contagio le ha sempre rispettate e applicate scrupolosamente. Una chiusura anticipata alle 23 rischierebbe infatti di penalizzare ulteriormente attività che già così devono fronteggiare un calo del 50 per cento del proprio fatturato. Quindi ben venga la non introduzione del coprifuoco nel nuovo Dpcm; piuttosto si intensifichino i controlli per quei casi sporadici di chi crea pericoli non rispettando le regole, senza colpire genericamente un’intera categoria».
Riccardo Di Pisa, titolare di ‘Altro?’ al Mercato delle Erbe
«Coprifuoco ai pubblici esercizi? Noi titolari di locali pubblici non vogliamo lavorare per forza se la situazione sanitaria non lo permette. Ma prima di arrivare a nuove restrizioni, penso sia giusto prevedere un piano di sostegno qualora fossimo costretti a chiudere, e intensificare i controlli per scongiurare rischi. Il momento è delicato, il weekend è tornato a essere la fonte di guadagno che era pre-Covid: chiudere alle 23 significherebbe tagliare la fetta di clientela che ora ci permette di essere un po’ più ottimisti».Giancarlo Campolmi, titolare del ‘Gran Bar’ in via d’Azeglio
«Questo è un periodo di ripresa per la nostra categoria, a Bologna, fiore all’occhiello nella ripartenza. Pensare di anticipare la chiusura dei locali alle 23 potrebbe avere un senso, ma solo se venisse applicata senza eccezioni, con i dovuti controlli per scongiurare l’abusivismo e garantire la sicurezza che a noi viene chiesto di osservare. Le criticità che causano l’impennata dei contagi non sono certo da cercare nei bar o nei pub. Per questo trovo più opportuno intensificare i controlli nelle aree critiche e lasciare lavorare una categoria che ha sofferto più di ogni altra, con agli alberghi».Vincenzo Vottero, titolare del ristorante ‘Vivo’ al Golf Club di Castenaso e presidente Ascom ristoratori
Francesco Zuppiroli, il Resto del Carlino, 6 ottobre 2020
«Se confermato, il fatto che il governo non intenda ricorrere al coprifuoco per i pubblici esercizi è una notizia che accogliamo come liberatoria. Ciò non toglie che sia molto importante intensificare i controlli in quei luoghi che rinomatamente causano assembramenti. L’importante è agire con precisione su chi non mette in pratica scrupolosamente le norme vigenti e non intervenire in modo generalizzante su tutta la categoria. Il rischio è quello di mettere definitivamente in ginocchio un settore molto in difficoltà. I locali del centro continuano a fare i conti con un -50 per cento del fatturato e adesso che la situazione è in lieve miglioramento dobbiamo essere lasciati liberi di lavorare nel rispetto di tutte le norme vigenti, grazie anche a una collaborazione delle autorità e amministrazioni locali per intervenire nei luoghi ove invece le regole non siano rispettate».