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«Diamo sempre il massimo e amiamo questa città»

Amin Whanmin, 35 anni, cura con successo il ‘Ca.Fè’ di via Mazzini Presidente dell’Associazione bar cinesi affiliati Confcommercio Ascom Bologna: «Investiamo su territorio e tradizione»

Ci tiene molto Amin Whuanmin a sottolineare quanto l’imprenditoria cinese stia investendo con grande competenza e serietà sul nostro territorio. E non potrebbe esserci miglior esempio per palarne, visto che lui, nato in Cina 35 anni fa nella regione di Zhejiang, ma a Bologna da 14 anni, ha fatto del suo bar in via Mazzini 47/a all’angolo con piazza Trento Trieste, il ‘Ca.Fe’’, un esercizio molto in voga, con una clientela di fedelissimi, tra medici, infermieri, specializzandi, avvocati, e residenti della zona, che ne apprezzano qualità e competenza.

Ma del resto è proprio questo il segreto dell’imprenditoria cinese: quando si acquisisce un bar ci si impegna sempre al massimo. Anche oggi che, dopo il lockdown, «si lavora al 100% ma si guadagna il 50%», come afferma con umiltà Amin. In questo caso, poi, Whuanmin, presidente esecutivo dell’Associazione bar cinesi, circa 150 solo su Bologna, affiliati ad Ascom, il suo caffè l’ha creato tutto da solo, acquistando un negozio di abbigliamento e poi trasformandolo da zero.

Il tutto dopo una lunga esperienza di lavori nei ristoranti cinesi. «Ca.Fe’ ce l’ho dal 2015 – spiega – ma da quando sono arrivato a Bologna 14 anni fa, ho fatto di tutto, molto il lavapiatti. Poi ho gestito un bar in via Eleonora Duse per cinque anni e quando ho incontrato i proprietari del negozio di abbigliamento Ca.Fe’ in via Mazzini che volevano vendere, ho deciso di fare questo passo».

L’imprenditore cura personalmente tutto, dalla colazione fino al pranzo e la sua piccola azienda ha sei dipendenti, la moglie, quattro italiani e un filippino. All’ombra delle Due Torri, si sa, si guarda con attenzione e curiosità, ma, è inutile naconderlo, in alcuni ambiti anche con un po’ di paura e diffidenza a questa espansione, perché si teme una speculazione, soprattutto in questo periodo difficile…

Quindi, cosa ne pensa Amin Whuanmin che ha uno sguardo ad ampio raggio sulla città? «Questo è un timore che posso immaginare ci sia, ma è bene ricordare che tanti imprenditori investono nel territorio locale, rispettando una tradizione e anzi, permettendole di vivere. Inoltre, prendiamo l’esempio dei bar tabacchi, per legge chi li acquista ha già la cittadinanza italiana e quindi non c’è nessun dubbio sull’integrazione. Si parla già di una terza generazione di italiani che parla perfettamente la lingua e che ha un ‘savoir faire’ davvero speciale con la clientela e un grande amore per questa città».

Benedetta Cucci, il Resto del Carlino, 7 ottobre 2020

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Annalisa Gotti

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