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Coronavirus, l’allarme di albergatori e ristoratori

Vottero (Presidente Federazione ristoranti e trattorie), Palma (Vicepresidente Federalberghi) e Bertoni (Admiral Park Hotel e Hotel Falco d’Oro) chiedono al governo azioni incisive per aiutare le due categorie

Albergatori e ristoratori lanciano l’allarme dopo la crisi scatenata dalla pandemia da Coronavirus. Gli interventi di Vincenzo Vottero Vintrella (Titolare del ristorante Vivo Taste lab e Presidente della Federazione ristoranti e trattorie), Michele Palma (direttore operativo Monrif Hotels e Vicepresidente Federalberghi) e Oscar Bertoni (Admiral Park Hotel e Hotel Falco d’Oro).

Alberghi, dal governo silenzio assoluto
Michele Palma (direttore operativo Monrif Hotels e Vicepresidente Federalberghi)

«Il centro storico di Bologna, come sta accadendo in tutte le destinazioni italiane, sicuramente risulta più penalizzato dalla mancanza di turisti stranieri. Va però evidenziato che le strutture ricettive, tra cui Monrif Hotels, con grandi sforzi si sono adoperate per garantire oltre la sicurezza di base anti-Covid anche la riapertura dei servizi complementari per offrire agli ospiti della città un’immagine sempre efficace ed accogliente come lo era prima della crisi. Sono stati adeguati i protocolli sulla base delle disposizioni regionali e delle associazioni di categoria di riferimento ed il personale richiamato al lavoro riesce ad offrire un servizio di elevato profilo coccolando gli ospiti in visita a Bologna, che seppur in clima non proprio ideale trovano in noi un professionale e cordiale punto di riferimento. Questo ha innescato alcuni segnali positivi catturando, come previsto, la domanda interna e il turismo di prossimità. Purtroppo l’impegno serio degli albergatori non produce risultati soddisfacenti in termini di marginalità, che per gli hotel è ancora negativa a causa della domanda quantificabile in pochi punti percentuali rispetto al passato. Quello che lascia tutti allibiti è ancora una volta il silenzio del governo in materia di rilancio turistico e alberghiero, nonostante l’evidenza dei fatti, il piano Colao e i numerosi esercizi che purtroppo restano ancora chiusi generando un impatto negativo sull’occupazione e i fatturati indotti. Si sono fermati i motori principali dei flussi turistici verso l’Italia: Stati Uniti, Russia, Giappone, Cina, Regno Unito. Pertanto diventa fondamentale un’attività strategica di medio periodo da parte del governo verso gli alberghi italiani».

Al momento siamo fermi al ‘mordi e fuggi’
Oscar Bertoni (Admiral Park Hotel e Hotel Falco d’Oro).

«Gli effetti imposti dal lockdown, si sono indubbiamente tradotti in una modalità nuova di approccio alle vacanze. Questo è ancora più evidente per quello che riguarda le località periferiche, ma anche in quelle appenniniche della nostra destinazione turistica è evidente. Seguendo quella che sembra essere una lenta ripresa di alcuni comparti produttivi del territorio nazionale, la voglia di vacanza e di movimento sta portando le persone ad effettuare piccoli spostamenti brevi, va detto in assoluta sicurezza. Si tratta per lo più di soggiorni limitati ad un paio di notti. Di clientela desiderosa di riscoprire l’autenticità, il valore del nostro appennino, dove la vicinanza alla città e le sue aree incontaminate permettono di godere di momenti di completo rilassamento. Con il passare dei giorni si comincia ad assistere ad una debole ripresa anche del mercato estero. Siamo ancora lontano dai fasti degli anni passati e per lo più si tratta di spostamenti effettuati in auto da parte di clientela estera, residente subito oltre confine tuttavia è un segnale positivo e di buon auspicio in ottica di ripresa».

Cali significativi, nodo ‘Cassa’ e pochi stranieri
Vincenzo Vottero Vintrella (Titolare del ristorante Vivo Taste lab e Presidente della Federazione ristoranti e trattorie)

«A distanza di quasi due mesi dalla riapertura, i locali, così come i ristoranti e i bar, continuano a far segnare un dato in negativo per quanto riguarda il fatturato, con perdite di oltre il 50 percento. Sono tanti, inoltre, anche i ristoratori che ritengono di non riuscire a tornare ai livelli lavorativi precedenti al lockdown. Questi, secondo la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi, ndr) rappresentano circa il 66 percento degli imprenditori del settore. A preoccupare, poi, sono anche i dati relativi all’occupazione, in quanto quello della ristorazione è un mondo che, come sappiamo, dà lavoro a tantissime persone. Secondo le nostre stime, due aziende su tre hanno dovuto ridurre drasticamente il personale, sia per far fronte alla crisi economica, sia perché il numero dei clienti è inferiore rispetto a prima del lockdown. I ristoranti del centro, ad esempio, hanno risentito e stanno risentendo tantissimo del calo dei turisti, che rappresentavano una fetta importante della loro clientela. C’è poi la questione relativa alla cassa integrazione. Oltre il 40 percento delle attività ha dichiarato che non tutti i dipendenti hanno ricevuto il sussidio. Per questo chiediamo che da parte del governo vengano predisposte azioni maggiori per tutelare una categoria, come quella dei ristoratori, fortemente colpita dalla crisi economica causata dal Coronavirus».

il Resto del Carlino, 14 luglio 2020

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Annalisa Gotti

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